Parrocchia Mosso Santa Maria

Vai ai contenuti

Menu principale:

Sulla pedofilia


Pedofilia e immaturità umana






A fondamento di ogni ruolo che deve essere svolto nel tessuto relazionale, ci deve sempre essere l’uomo nella sua piena maturità…..

Se così non è, il tessuto sociale è fatto da mostri! Non c’è alcuna gerarchia religiosa, politica, sociale che possa garantire…è solo la maturità della persona umana, la garanzia della relazione.
E questo in qualsiasi struttura che si regge sulle relazioni siano esse politiche o ecclesiastiche!





Certo che tutto quello che si sta muovendo in questo periodo attorno alle problematiche della pedofilia nella Chiesa, ci obbliga quantomeno ad una riflessione e ad una capacità di valutazione del problema. In effetti siamo posti davanti ad un reale problema. Le risposte che si stanno dando, ovviamente, sono orientate a come risolvere almeno legalmente queste "uccisioni", inflitte a chi naturalmente ha dovuto subire.
Queste operazioni portano all’esasperazione, l’opinione comune è condotta a pensare in un certo modo la Chiesa nella sua dimensione di gerarchia….per giungere a ovvie conclusioni, tali da discreditare ormai anche la Chiesa nella sua identità. Che cosa dire? Come rispondere a questo momento così delicato e così pericoloso per la credibilità della Chiesa? Credo sia importante prima di tutto saper definire la provenienza di questa abitudine "pedofila". Non è certamente l’effetto del celibato dei preti il fatto che ci siano preti pedofili, perché la ragione sta nella struttura della persona. Sapendo che la pedofilia o pederastia era già in vigore soprattutto nell’antica Grecia, viene a conferma che la ragione non sta nel fatto di essere preti o religiosi e anche celibi.





La ragione sta altrove…ma dove? Deriva da come si struttura la nostra evoluzione umana. La nostra natura umana riserva anche  aspetti che per chi li vive purtroppo con superficialità e leggerezza, sono "naturali", ma se illuminati da maggior conoscenza non sono così naturali….Il nostro tempo ha come caratteristica la regola: "Ciò che è naturale è buono, per il fatto di essere naturale", ma in tutto questo ci sfugge il fondamento della nostra natura. La nostra natura non può diventare criterio di bene o di male, di buono o di sbagliato, perché la nostra natura non è assoluta…è relativa! La prova di questa relatività è l’evoluzione delle abitudini degli uomini…che sempre sono definite naturali.
Così dunque è per il problema in questione. La pedofilia godeva addirittura di azione rituale, nell’antica Grecia! E il significato della pederastia o pedofilia era il legame tra un uomo e un adolescente…ispirate agli dei: Zeus e Ganimede, Apollo e Giacinto ecc…  
Perciò il fatto che era legato alla divinità, significa che già allora tale rapporto era considerato "naturale"…oggi diremmo "normale". All’interno poi di questo rapporto si poteva anche praticare ovviamente l’attività sessuale. Pertanto è riduttivo legare la pedofilia al fatto dell’essere preti celibi!
Perciò, a mio parere, il problema è più grave! Perché se denunciamo la pedofilia come "reato", significa che il nostro modello di cultura si è evoluto, cioè non ammette più che la pedofilia o pederastia siano da considerarsi cose "naturali". Ma se questo avviene allora il problema sta nella persona che non ha ancora raggiunto un livello di maturità umana che lo abbia condotto al superamento di quel dato "naturale" che, se non collocato nella maturità evolutiva, espone ancora l’uomo a quella situazione di necessità di rapporto con l’adolescente o comunque col bambino…così come era nella Grecia antica. Siamo pertanto di fronte sì a situazioni incriminate , perché diventano atti che   oggettivamente sono perversi, ma la ragione profonda è un’umanità che purtroppo non ha seguito il suo processo di evoluzione verso la maturità dell’umanità stessa. Le cause?
Le  cause sono da ricercare soprattutto nella fase  adolescenziale,
quando la persona sta dando l’ impostazione alle sue facoltà.

A.  Credo che ciò che non acconsente la maturità ha la sua radice in alcune concezioni errate prima di tutto del nostro corpo.
Nell’adolescenza due sono le soluzioni al rapporto col corpo :

Inseguire tutte le pulsioni derivate dal momento adolescenziale, che significa uso del corpo in tutta la sua sfrenatezza accontentarlo in tutti i suoi istinti….non parlo solo della sfera genitale, bensì anche nelle altre sfere, che vanno sotto un nome comune: le bramosie adolescenziali. E’ ovvio che questa sfrenatezza conduce la persona a crescere con la convinzione che ogni bramosia (istinto) deve essere comunque soddisfatto, pena una situazione di disagio.

Sottoporre il corpo a privazioni, perché il concetto di corpo è legato al concetto di pericolo e comunque di qualcosa che
danneggia l’integrità della persona; è la lettura negativa di quella parte della persona che appartiene alla sfera della passione, della emozione, dell’istinto…confinandola addirittura al mondo della peccaminosità. Questa visione distorta della bellezza del corpo umano crea persone incapaci di godere la bellezza di essere uomini e di conseguenza arriveranno a sentire in loro la grande conflittualità fra la severità usata verso il corpo e l’impulso che comunque il corpo col cammino di evoluzione si farà sempre di più sentire …E quando tutto questo lo si è imposto senza farsene una "ragione"….o si è cercato di mistificarlo dando ragioni spiritualiste, allora nasce l’ambiguità…nasce la perversione.

B. Un’altra causa, sempre collocabile in quell’età, può derivare dall’ incapacità di rapporto con l’altro. Anche qui due sono le modalità da cui può eventualmente derivare questa difficoltà.
Nell’età dell’adolescenza il rapporto con l’altro è vissuto soprattutto all’insegna dell’amicizia; ma il concetto di amicizia è pericoloso per almeno due ragioni : l’egoismo e la massificazione.



L’egoismo, che non è da leggersi moralisticamente, ma è solo un atteggiamento psicologico, cioè è la persona che ancora non sicura di sé si fa sicura appoggiandosi all’altro, in diverse maniere, ma sempre con l’atteggiamento di dominare l’altro: è solo l’espressione di un inconscio debole che ha continuamente bisogno di sentirsi forte e dominante. La persona così ridotta non potrà mai avere la capacità di un rapporto equilibrato, ma nel rapporto cercherà solo alcune caratteristiche che rispondano alla possibilità di dominare senza sentirsi obbligati a ricambiare, perché essendo la persona frustrata  nella sua profonda identità non è in grado si sopportare neppure un rapporto che la faccia sentire alla pari!.....non ha forza psicologica e quindi è evidente la ricerca di rapporti che siano "deboli" e facile preda di dominio…. siamo
ancora fuori dalla sfera di prestazioni genitali ! Questa è solo poi una delle tante conseguenze!

La  massificazione invece è la tendenza a stabilire rapporti abbastanza "vaghi", senza impegno stabile, che vanno a creare identità che non sono più quelle originali di ciascuno, ma sono quelle mutuate dal gruppo a cui comunque ci si identifica.

In ambedue le situazioni i risultati sono persone immature, incapaci di coscienza e di relazioni veramente umane, per cui non c’è la persona adulta capace di relazionarsi, ma anche se adulta nell’età, rimane solo capace di relazioni ancora caratterizzate dallo stato psicologico adolescenziale. Mi pare allora importante capire che da una persona che non ha passato il vaglio della maturità, ma è rimasta alla sua adolescenza c’è da aspettarsi di tutto…persino la pederastia, la pedofilia. Credo allora che la continua e insistente lettura data solo dal punto di vista sessuale (secondo l’uso di questo termine dato nella nostra cultura) oltre a non portare alla comprensione del problema, non darà mai opportunità di trovare la soluzione.



Pertanto se il problema è legato alla  maturità della persona è ovvio che il problema riguarda ogni genere di persona sia essa "laica", "consacrata", appartenente alla gerarchia ecclesiastica….insomma è un problema di umanità.
Certo è che la Chiesa adesso è esposta a questa situazione di perversione che diventa ovviamente reato. Ma si rende necessario porre il problema sulla maturità anche di chi è parte della gerarchia ecclesiastica, intendendo maturità come "maturità umana". Grandi teologi i preti, grandi oratori i preti, grandi organizzatori i preti….ma quanti veri uomini?
Perché nelle abitudini pastorali c’è una esagerata sottolineatura alla pastorale dei ragazzi, dei giovani? Perché mettere sempre al di sopra di ogni altra pastorale quella della gioventù? Perché la mistificazione di questo impegno per i giovani? Che tipo di mentalità ci sta sotto a queste impronte pastorali ? Perfette dal punto di vista teologico e se vogliano anche dal punto di vista della  

dottrina…..ma siamo certi che sotto ci sta davvero una maturità umana in chi partorisce e realizza tali progetti? Il prete bravo è quello che sa fare coi giovani…..ah!  Il prete bravo non è quello che testimonia la maturità umana, ma è quello che sa fare coi giovani!  Ma allora come sono i rapporti con gli adulti?   purtroppo i criteri per rapportarsi con gli adulti sono sempre attinti dalle categorie comuni. Con gli adulti ci si comporta sempre sottolineando l’autorevolezza derivata dal fatto di essere "preti", davanti agli adulti ci si pone sempre col "ruolo" (di preti), perché non si è capaci di scendere al livello semplicemente umano…e questa è la peggior testimonianza che noi preti possiamo dare.
E’  un segno  evidente di immaturità!  Non siamo capaci del rapporto alla "pari".  Siamo capaci di mistificare i "rapporti alla pari" con i proclami di essere attenti agli ultimi, ai poveri ecc….ma alla fine umanamente siamo immaturi, perché il mettersi alla pari significa semplicemente capire l’equilibrio dell’essere uomini, quell’equilibrio che ti permette di entrare in dialogo con la persona umana….e il dialogo non è questione di parole, ma è sintonia d’animo.
E’ ancor peggio quando si giustifica questa tendenza dicendo che Gesù è venuto per i poveri, per gli ultimi…dimenticando che gli ultimi di Gesù sono esattamente quelli che cercano Dio e non lo trovano più nei Maestri, quali Farisei e Scribi e sommi Sacerdoti e sono così come "pecore senza pastore"
Essere uomini nella maturità significa avere la delicatezza dell’essere uomini, non quella affettata delicatezza che ha come fine l’accaparramento delle persone o comunque l’ottenere qualcosa. La persona che si rapporta deve sentire di essere capita nella sua profondità, non rapita o asservita.
Curiosa la cosa….nella prima comunità cristiana erano "un cuor solo e un’anima sola" !
Evitiamo di banalizzare col dire che questo significava l’andare d’accordo…perché non è così banale la Scrittura. Ma questo testo è la descrizione degli effetti della maturità della persona, secondo il comandamento antico. "Amerai il prossimo tuo…come te stesso".
Oppure il rapporto con gli adulti è stabilito con l’atteggiamento del "siamo tutti amici", perché alla fine è il meno compromettente e garantisce l’essere accolti e la familiarità.
Oppure ancora ci si presenta agli adulti cercando di essere sempre "esperti" nelle questioni che caratterizzano il tessuto sociale, politico, economico ecc… appunto col linguaggio, col pensare comune, per non sentirsi al di fuori del mondo e garantirsi lo stesso livello della "gente".
Tutti questi atteggiamenti sono comunque segnali di immaturità in quanto sono esattamente gli stessi caratterizzanti l’adolescenza, ma che ora assumono una gravità più pericolosa, perché sono assunti da adulti; cosicché non è dunque vero che dove c’è età adulta c’è maturità…dipende da quanto si sia maturato il momento dell’adolescenza!
E’ inutile…il non maturo  fa solo danni a se stesso ( anche se non li nota ) e agli altri e purtroppo anche se perfetto conoscitore di teologia, di filosofia, di sensibilità sociale, di genialità politica…..purtroppo manca l’uomo! Ma se è così, allora non c’è più spazio per la VERITA’, perché la Verità è comunicata solo all’uomo che in se stesso ha raggiunto il suo equilibrio, la sua maturità. In effetti la base della relazione è: "Amerai il prossimo tuo come te stesso".

Il relazionarsi dunque a persone e situazioni sarà nella Verità solo se proviene da chi ha raggiunto il suo equilibrio, la sua maturità.  Per buona pace di tutti, politici ed ecclesiastici, autorità e non, non è il ruolo che garantisce la Verità e neppure consente la maturità del relazionarsi, bensì è l’essere uomini che hanno raggiunto la loro maturità e quindi il loro equilibrio, tale da far comprendere appieno il valore della saggezza contenuta appunto nel Comandamento Antico :  " Amerai il prossimo tuo come te stesso".





                                                           Don Carlo Maria Rovagnati
 


 
Torna ai contenuti | Torna al menu