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Mosso 31.01.2016
Don Carlo Maria Rovagnati
Domenica 31/01/16 ore 10:
La carità
Lettura dal libro del profeta Geremia
Domenica scorsa la prima lettura ci aveva portati a meditare una parte del Libro di Neemia. Questa pagina si collocava nel momento in cui il popolo, tornato dall’esilio, stava ricostruendo Gerusalemme. Israele doveva ricostruire le mura, il tempio, ma soprattutto doveva ricostruire la propria identità. Neemia è colui che sollecita Israele a ricostituirsi e a fare attenzione a non allontanarsi dalla legge del Signore perché è la garanzia e la forza della sua rinnovata città. Abbiamo visto, che Esdra, il sacerdote, legge in modo solenne, davanti a tutto il popolo, la legge del Signore e la ricorda agli Israeliti. Se domenica il testo ci portava a dopo l’esilio, oggi siamo mandati indietro al momento in cui si stanno ponendo le premesse per l’esilio, cioè al momento storico di Geremia. Geremia si pone come una figura di rottura verso le abitudini che erano ormai del popolo d’Israele, premesse che avranno come frutto l’esilio, perché la parola del profeta non viene ascoltata.
Il testo di questa prima lettura è proprio l’inizio del libro di Geremia e ci introduce alla conoscenza di questo uomo e della sua storia. Geremia è il profeta, nel senso che non è "uno dei profeti", ma è "il profeta". Nella vicenda, infatti, si vede lo scontro tra Geremia e i profeti del tempo, i quali, invece di dare la verità, dicevano di parlare "nel nome di Dio", ma lo facevano sempre a favore dei sacerdoti e del Re, quindi erano incapaci di dire la verità. Geremia, invece, è il vero profeta, che finalmente richiama il popolo alla Parola di Dio, per sconfiggere la confusione che gli altri profeti avevano portato all’interno d’Israele. La sua vita è una vita tormentata e il libro si apre con la presentazione del personaggio. Chi è Geremia?
Dal Libro del profeta Geremia:
Nei giorni del Re Giosia, mi fu rivolta questa parola dal Signore – Il re Gioisa costituisce un momento di pausa nella deviazione d’Israele, perché egli cerca in tutti i modi di ristabilire la fedeltà presso il popolo d’Israele. Proprio in questo tempo di benedizione, sorge il Profeta Geremia -
Prima lettera di s.Paolo ai Corinti
Da tre domeniche a questa parte ci viene consegnato il capitolo 12 della lettera di San Paolo ai Corinzi. Il capitolo 12 è caratterizzato, se ricordate, da una presentazione dei carismi, cioè Paolo spiega i carismi alla comunità di Corinto .
Oggi leggeremo la fine del capitolo 12 insieme all’inizio del capitolo 13. La parte finale di questo capitolo è un passaggio delicatissimo perché Paolo ha un’espressione che conclude la questione dei carismi. Noi desideriamo intensamente i carismi più grandi, cioè siamo portati a dire: "Come vorrei avere questo o quest’altro carisma" perché ci sembra che possedere dei grandi carismi significhi avere la certezza della fede e Paolo dice: "Non è così! Io vi mostro la via più sublime che va oltre i carismi; quindi il vostro obiettivo non sono i carismi, ma questa via". E qual è questa via? E’ la carità.
Adesso andiamo a capire l’insegnamento di Paolo:
Dalla prima lettera di San Paolo apostolo ai Corinzi
"Fratelli desiderate intensamente i carismi più grandi? Allora io vi mostro la via più sublime.
Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sarei come bronzo che risuona o cembalo che strepita. Se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi tanta fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sarei nulla. E se anche dessi in cibo tutti i miei averi e consegnassi il mio corpo per averne vanto, ma non avessi la carità, a nulla mi servirebbe. La carità è magnanima, è benevola la carità. Non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia di orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell'ingiustizia, ma si rallegra della verità. La carità t utto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno, il dono delle lingue cesserà, la conoscenza svanirà. Infatti, in modo imperfetto, noi conosciamo ed in modo imperfetto profetizziamo. Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà. Quand'ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Diventato uomo, ho lasciato ciò che era da bambino. Adesso noi vediamo in modo confuso, come in uno specchio; ma allora vedremo a faccia a faccia. Adesso, conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anche io sono conosciuto. Ora, dunque, rimangono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità. La fede finirà, la speranza finirà, ciò che rimarrà è la carità, perché la più grande di tutte!".
Vangelo di Luca
La pagina del Vangelo di oggi è la continuazione di quella della scorsa domenica, quando eravamo nella Sinagoga di Nazareth, dove Gesù prende il rotolo del Profeta Isaia e comincia a leggerlo, dicendo: "Lo Spirito del Signore è sopra di me", poi, terminata la lettura, lo consegna all’inserviente, siede e dice: "Oggi si è compiuta questa scrittura".
Il testo che proclamiamo oggi, comincia da qui:
Dal Vangelo secondo Luca:
Allora Gesù cominciò a dire nella Sinagoga: "Oggi si è compiuta questa scrittura che voi avete ascoltato" e tutti gli davano testimonianza. Erano meravigliati dalle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e si dicevano: "Ma costui non è figlio di Giuseppe?". Allora Gesù rispose loro: "Certamente voi mi citerete questo proverbio: Medico, cura te stesso, il che significa che mi direte: Quanto è accaduto a Cafarnao, fallo anche qui, nella tua patria! Ma Gesù disse: In verità, io vi dico nessun profeta è bene accetto nella sua patria, anzi, in verità, vi dico ancora: c'erano molte vedove in Israele al tempo di Elia, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia, ma a nessuna di esse fu mandato il profeta Elia, se non a una vedova in Zarepta di Sidone, fuori dal popolo d’Israele. C'erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo, ma a nessuno di loro fu data guarigione se non a Naaman, il Siro, al di fuori del popolo d’Israele».
All'udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono, lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio della montagna sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma Gesù, passando in mezzo a loro, si mise in cammino
Omelia:
Adesso che siamo stati messi davanti a questa Parola proclamata, vediamo di capire il messaggio che ci vuole lasciare.L’argomento forte è da ricercare nel passaggio della Lettera di Paolo, perché dice una cosa che può sembrare strana alle nostre orecchie: Tre sono le cose: la fede, la speranza e la carità. La fede finisce, la speranza finisce, ciò che rimane è la carità, perché la carità è la più grande di tutte" addirittura più grande della fede e della speranza.
Questo ci incuriosisce, anche perché Paolo fa un altro passaggio: "Se anche dessi in cibo tutti i miei averi e consegnassi il mio corpo – sottinteso, per i miei fratelli – ma non avessi la carità, a nulla mi servirebbe" e qui ci sconvolge!
Perché? Perché se, oggi, noi dessimo in cibo i nostri averi a chi ha bisogno e ci mettessimo d’impegno ad aiutare gli altri, saremmo considerati persone caritatevoli. Paolo non sembra pensarla allo stesso modo, anzi ci sconvolge perché dice: se anche facessimo tutte queste cose, ma non avessimo la carità, sarebbe tutto senza valore. Ma allora che cos’è questa carità? E ancora: se la fede finisce, se la speranza finisce e rimane solo la carità, cosa significa, che anche dopo la nostra morte dobbiamo andare a cercare i poveri? Che, anche dopo la nostra morte, dobbiamo cercare i bisognosi per fare qualcosa per loro, visto che la carità rimane per sempre?
Capite che questa parola, inserita nel contesto odierno è per lo meno sconvolgente! Paolo sta istruendo i cristiani di Corinto su questo grande tema, affinché i Corinti, così come noi oggi, possiamo avere le idee chiare sulla "carità", che è davvero una cosa preziosa. E’ la cosa che rimarrà per sempre, a fronte della fede, a fronte della speranza, tant’è che Paolo arriva persino a dire, e sentite com’è ardito,: " E se anche possedessi tanta fede da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sarei nulla". Incredibile! La carità che sta al di sopra di tutto, anche della fede!
Ma come mai Paolo riesce a dire: "La fede e la speranza finiranno"? Certo, perché la fede e la speranza ci servono soltanto per il nostro cammino terreno! Quando noi entreremo nella visione di Dio e saremo in comunione con Lui, la fede non ci interesserà più. Infatti egli lo spiega: "Noi, ora, vediamo in modo confuso, come in uno specchio…Adesso, conosciamo in modo imperfetto", per questo abbiamo bisogno della fede!!
Ma, allora," conosceremo perfettamente… perché vedremo Dio faccia a faccia". La fede è finita, perché vedremo Lui faccia a faccia.
La speranza: Che cos’è la speranza? Per Paolo, la speranza è questo nostro cammino sulla terra, attraverso il quale dobbiamo raggiungere il faccia a faccia con Dio. La speranza è quella certezza che ci deve reggere durante il cammino, perché la speranza deve alimentare la fede, è il suo supporto.La speranza è quella che ci dice: "Sii forte, perché Lo raggiungerai, devi raggiungerlo" e ti sostiene la fede ma, quando ci sei arrivato, la speranza non ti serve più, allora rimane la carità. Ma che cos’è questa carità?
Se " lo vedremo faccia a faccia", questo significa che, nel raggiungerlo, diventeremo una cosa sola con Lui, saremo ormai familiari con il Signore.
Questo "faccia a faccia" è la carità, perché è la comunione perfetta con Dio… infatti, "la carità rimane per sempre", il nostro stato di vita eterna, lo stato di chi gode della presenza di Dio, anzi di chi si sente una cosa sola con Dio, "faccia a faccia". Parlare di carità, capite bene, vuol dire parlare di questa realtà. La carità è lo stato dell’uomo, che sta in comunione con Dio. Quindi questo stato è quello, a cui tutti noi dobbiamo arrivare, e Paolo lo dice: "Adesso conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente", quindi il nostro cammino è arrivare a quella conoscenza, che ci sarà data quando diventeremo una cosa sola con Lui, quando raggiungeremo la pienezza della comunione con Dio, quindi saremo nella carità per sempre.
Allora "Se anche avessi il dono della profezia… se anche avessi la conoscenza di tutti i misteri e tutta la scienza, ma non avessi la carità, non serve a nulla!". Ciò vuol dire che la carità deve cominciare da questa terra, perché la carità deve essere una forza che sorregge il nostro cammino terreno, perché è lo stato iniziale della comunione con Dio, fino a quando lo raggiungeremo in modo definitivo. La carità, allora, dobbiamo cominciare a viverla su questa terra; infatti Paolo dice: "Se non ho la carità non serve a niente" , perché ciò che dà valore a tutto, è la carità. Dobbiamo vivere la carità già su questa terra, ma non come una virtù, ma come uno stato, perché, se la carità è la comunione con Dio, vivere la carità significa che, già fin d’ora, noi viviamo la comunione con Dio.
Adesso, finalmente, possiamo capirci: l’uso, che viene fatto oggi, del termine "carità", è quanto meno illecito, perché la carità non sono le azioni degli uomini, la carità è lo stato di comunione col Padre. Lo ripeto, perché oggi questo va di moda: anche se noi dovessimo dare ogni nostra cosa per le persone bisognose, per i cosiddetti poveri, quella non sarebbe carità! Dobbiamo finirla di dire che la Chiesa deve essere la chiesa dei poveri, chiunque lo dica! La Chiesa è solamente degli uomini che cercano Dio. La carità non è quella che ci viene propinata oggi! La carità è dare alla gente la possibilità di conoscere, di capire, di raggiungere questa comunione con Dio. Questa è la carità, perché è lo stato di carità quello che salva, che mette l’uomo in condizione di sentirsi davvero in comunione con Dio.
Chiarito questo, come facciamo a vivere nella carità?
Anche qui i parametri devono essere cambiati!
E’ inutile che i pastori, i preti, i vescovi continuino a convincere la gente che, se sei attento agli altri, sei nella carità! Basta con queste eresie! Non si può dire questa menzogna! La verità è un’altra: se noi viviamo la comunione con Dio, siamo nella carità! E come si fa a vivere la comunione con Dio? Vediamone i passaggi.
Paolo, prima di parlare di questo, ha svolto tutta un’altra tematica con i Corinti: la tematica del Vangelo di Gesù. Allora, noi possiamo entrare nello stato di comunione con Dio solo se prima accettiamo e viviamo il Vangelo di Gesù, perché è solamente Gesù che ci conduce a questa comunione con Dio, dove "comunione con Dio" significa che il Vangelo ci mette in condizione di avere dentro di noi la vita di Dio. Questo è lo stato di comunione. E Paolo lo dice: "Se noi aderiamo al Vangelo, ci viene dato dal Signore il Suo Spirito, che entra dentro di noi".
Ma alla fine che cos’è lo Spirito Santo? Che cos’è questa presenza dello Spirito Santo? Chissà quanti libri sono stati scritti per spiegare lo Spirito Santo! Moltissimi e altrettanti teologi hanno fatto le tesi sullo Spirito Santo! Eppure lo Spirito Santo è una cosa semplice: è la vita di Dio che è dentro di noi. Quindi quando Gesù dice:" Io vi manderò lo Spirito Santo, perché sia dentro di voi" vuol dire: la mia missione è fare entrare in voi la vita di Dio, perché è quella vita di Dio, che vi permette di sentirvi finalmente figli di Dio, perciò, allora, vivete lo stato di comunione con Lui, siete nella carità. Per essere nella carità, bisogna che, dentro di noi, ci sia questa presenza dello Spirito di Dio, ma la carità che è dentro di noi, la vita di Dio che è dentro di noi, che cosa fa? Paolo dice: "Attenti a non confondere! Perché facilmente quando si parla dello Spirito Santo, quindi della vita di Dio che è dentro di noi, pensiamo di dovere farla vedere con delle azioni eccezionali! Se c’è Dio ci sono i miracoli! Se c’è Dio, ci sono dei prodigi! Se c’è Dio, ci sono cose che gli uomini neppure possono immaginare!" Siamo abituati a questa mentalità! Guardate solamente al nostro tempo! Se uno vuole parlare di Dio, deve presentarsi con degli atteggiamenti un po’ eccezionali, straordinari! Sembra quasi che Dio sia collocato là dove c’è lo straordinario!
Quali sono le prove per dichiarare una persona "santa"? Cosa fa la Chiesa per dichiarare uno "santo"? Cerca i miracoli!
E come se si andasse contro a quello che sta dicendo Paolo! Uno è dichiarato santo se parla le lingue degli uomini e degli angeli; è dichiarato santo se ha il dono della profezia, se conosce tutti i misteri; se ha una fede che sposta le montagne… e si vanno a cercare questi segni straordinari!
Ma è vero tutto questo?
E’ vero che Dio, che è dentro di noi, perché se abbiamo lo Spirito di Dio, siamo in comunione con Lui e possediamo la carità… ma è vero che questa comunione che è dentro di noi, quindi questa carità, si esprime in quel modo? No, non è vero!
Parchè Paolo dice: "State attenti a non interpretare i carismi come la prova della presenza di Dio!", quindi i carismi non possono diventare l’oggetto della nostra fede. Non è perché possediamo i carismi, che noi crediamo automaticamente in Dio, assolutamente no! Allora qual è la prova? E’ una prova incredibile. Paolo ci sconvolge, perché ci dice: "Attenti che la prova della carità, cioè la prova che veramente voi siete guidati dallo Spirito, è una prova che sfugge, che non è considerata dagli uomini, ma io ve la ripeto, perché è la vera prova della carità, cioè di voi che siete stati trasformati dalla presenza dello Spirito" Allora com’è la carità? "La carità è magnanima, è benevola; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia di orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell'ingiustizia, ma si rallegra della verità. – ma soprattutto -
Lo stato di carità è questo, quando noi ci sentiamo trasformati dallo Spirito, quando sentiamo che la nostra umanità va sempre più verso il modello di Gesù; quando capiamo che, dentro di noi, non siamo più noi a guidare noi stessi, ma è il Suo modello che ci guida; quando sentiamo di avvicinarci sempre più alla certezza di essere in comunione con Dio e la prova è che "il Figlio dell’uomo non ha più dove posare il capo sulla terra", perché ci immergiamo continuamente in Lui. Questa è la nostra liberazione, quel famoso cammino, che ci sta conducendo al "faccia a faccia" con Lui. A mano a mano che ci sentiamo staccare dalla terra vuol dire che il cammino sta proseguendo, stai davvero arrivando al "faccia a faccia" con Lui, quindi la carità in noi è sempre più intensa. La prova della carità è proprio il distacco dalla terra, non il fare del bene agli altri. Gesù questo lo aveva già detto ai suoi apostoli, quando impartisce la lezione di carità: "Non affannatevi per quello che mangerete, berrete, vi vestirete. Cercate prima il Regno di Dio, tutto il resto vi sarà dato per sovrappiù!" Questo era il percorso che doveva permettere ai discepoli di immergersi sempre più nella carità, cioè nella comunione con Dio. Infatti "cercate prima di tutto il Suo Regno -
Questo vuol dire che, se cerchiamo prima di tutto il Suo Regno, il nostro cammino ci conduce sempre più al "faccia a faccia", perché sentiremo nella nostra vita Dio. Infatti "il Padre vostro sa già di cosa avete bisogno prima che glielo chiediate", è il "faccia a faccia" che sperimenteremo già su questa terra, in cui sentiremo la nostra vita immersa in Dio, in questa Sua presenza nel nostro cammino quotidiano. "Non affannatevi del domani, ad ogni giorno la sua pena", il cammino quotidiano. Quella quotidianità che ci permette di dire: Io sto camminando verso il faccia a faccia, perché già sin d’ora sperimento la comunione con Dio e so che lo vedrò, perché quello sarà il mio punto d’arrivo. E’ il nostro cammino, un cammino di fede, di speranza, di carità, già da ora. Questa lezione è molto importante, perché dobbiamo allontanarci da questo modo di pensare alla carità, perché è ambiguo, perché non ci mette in condizione di capire, ma ci allontana dal vero impegno della carità. Del resto, abbiamo compreso che il diavolo agisce regolarmente nell’umanità, quindi agisce soprattutto nella Chiesa. Ormai, sapendo che ciò che gli dà fastidio è proprio la presenza di Gesù, il diavolo anche in questo tema della carità, sta agendo in un modo incredibile. Ormai ha incatenato i pastori, li ha proprio incatenati, perché i pastori ci parlano di una carità che va veramente solo in orizzontale, nel nostro rapporto con gli uomini. Ormai non c’entra più niente la carità come quella forza che deve salvare la nostra vita! E la cosa incredibile è che i pastori usano dialettica e diplomazia per farci capire che questa è la carità che piace a Dio! E il diavolo ci gode, ha vinto!
In nome di quella cosiddetta carità, noi non pensiamo più al Vangelo, non ci interessa più capire se veramente Gesù è figlio di Dio e se ci dobbiamo modellare su di Lui! Dobbiamo solo dare libero sfogo a quelle che sono le nostre emozioni, i nostri sentimenti, il nostro "buon cuore"!
Capite allora l’inganno di oggi?
I pastori ci stanno ingannando perché ci stanno propinando una carità che non c’entra niente col mistero di Dio, anche se, all’apparenza, viene fatto passare come il modo per arrivare a Dio! Ma, in effetti non è così! E’ uno strappare continuamente gli uomini dalla possibilità di avvicinarsi a Dio. Quando un cristiano arriva, dentro di sé, ad avere questa convinzione: "Io ho fatto del bene agli altri, perciò sicuramente sono gradito a Dio" è finita! Perché vuol dire che quel cristiano non capirà mai la verità! Oggi Paolo è severo su questo, ha avuto un coraggio incredibile a dire queste cose. Egli intravvedeva già questo pericolo, di sostituire la carità con queste azioni che potrebbero sembrare divine, magari anche miracolose…ma Paolo ci ammonisce:" Attenti, che ciò che dà la certezza di Dio, non sono queste cose…è solo la carità, è la comunione con Lui, quella che trasforma"! Del resto, su questo tema, dopo le lettere di Paolo, viene scritto un altro Libro, l’ultimo, l’Apocalisse, che, in uno dei suoi passaggi, riprende proprio questo tema di Paolo e lo riprende in un modo ancora più vigoroso, più esplicito. L’Apocalisse ha, davanti a sé, una sempre più pericolosa situazione di decadenza della Chiesa.
In uno dei suoi passaggi, l’Apocalisse dice che la famosa bestia compie prodigi e miracoli e li compie dando alla gente la sensazione, la certezza di essere divina. Quindi la bestia ci presenta il divino e lo presenta con prodigi, segni, miracoli. Ecco che l’Apocalisse di nuovo mette in guardia: Attenti a questi segnali, perché anche il diavolo sa fare queste cose e le fa in un modo tale che noi pensiamo che quelle cose vengono da Dio, vengono dall’Alto …perché il diavolo è capace di mettersi in condizione di darci il senso del divino! Stiamo attenti perché ci inganna! Infatti l’Apocalisse dice: La bestia inganna l’umanità! Che cos’è che fa scappare la bestia?
Che cosa distrugge la bestia? L’Agnello di Dio.
Perché proprio l’Agnello? Perché l’Agnello di Dio è quello che viene a riscattare l’uomo e a riportarlo alla comunione con Dio, alla carità. . Ciò che Paolo ci lascia sottintendere, perché prima parla del Vangelo di Gesù, poi parla della carità, è la stessa cosa che poi l’Apocalisse riprenderà: l’Agnello è il Vangelo di Gesù, è la presenza di Gesù. Anche a noi è dato questo messaggio: facciamo attenzione a non lasciarci ingannare da queste cose, che, oggi, sono diventate molto frequenti. Se notate, anche i cristiani in generale sono ancorati a questa mentalità, che la presenza di Dio è determinata da situazioni eccezionali, che in qualche modo vanno un po’ fuori dal comune pensare, allora lì c’è Dio. Non per niente, in questi ultimi tempi, si stanno moltiplicano le famose apparizioni, le famose visioni, le famose azioni dello Spirito Santo…questi gruppi che hanno la presunzione di avere lo Spirito santo ipotecato!! Sono cose devianti perché andiamo a far capire che, in quelle situazioni eccezionali, c’è la certezza della presenza di Dio e questo è un messaggio deviante, sbagliato! Infatti Paolo dichiara: "Non è così!! Lo Spirito santo è quello che trasforma la vostra umanità, è quello che plasma la vostra umanità! Dobbiamo tornare lì! Lì c’è veramente lo Spirito". Allora non abbiamo più premura di correre dietro a queste cose, di credere agli effetti di questa cose! Se noi abbiamo dentro questa trasformazione, abbiamo già la certezza di essere con Dio, siamo nella carità! Chiediamo al Signore che ci aiuti ad avere sempre in noi questa lucidità, questa chiarezza che non vuol dire criticare, disprezzare… vuol dire capire e, quando capiamo, allora vuol dire orientarci alla verità. Ecco perché Paolo insiste con i suoi cristiani: Continuate a chiedere con insistenza lo spirito della conoscenza, perché altrimenti cadiamo nell’inganno, secondo quanto Giovanni nella sua Lettera, ci aveva detto: Saggiate gli Spiriti! Al Signore chiediamo davvero questa grazia, soprattutto perché faremo la comunione, a cui Gesù lega una promessa: "Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue, dimora in Me ed Io in lui", è la comunione, cioè è davvero quella situazione che ci garantisce lo stato di carità.
Però la dobbiamo vivere, dobbiamo rispondere e, se rispondiamo a questa presenza di Gesù che è dentro di noi, se viviamo come Lui vuole, siamo immersi nello stato di carità. Allora non preoccupiamoci, la nostra umanità verrà trasformata. Se ci consegniamo così, Lui ci trasforma e, quando ci guarderemo, diremo: Ma io sono capace di carità?" Non risponderemo più con questa banalità: "Sì sono capace perché faccio del bene agli altri ". Per risponderci dovremo guardare questo: "La carità è magnanima, è benevola; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia di orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell'ingiustizia, ma si rallegra della verità. La carità t utto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta". Quando, dentro di noi, potremo dire. "Sì, io sono così!", allora vorrà dire che siamo nella carità, quella che ci sta preparando finalmente al "faccia a faccia", perché questa carità che viviamo è quella che ci garantisce la vita di Dio, lo Spirito di Dio, l’essere in comunione con Lui, il vero stato di carità. Ed ancora quello che Pietro dirà nella sua lettera: Dopo aver santificato le vostre anime con l’obbedienza alla verità, per amarvi sinceramente come fratelli, amatevi intensamente di vero cuore….". Al Signore chiediamo che ci dia questa luminosità, questa trasparenza. Non lasciamoci più ingannare anche se ce lo dicesse la più alta autorità della nostra chiesa, lasciamo stare!! Guardiamo a quello che ci dice il Vangelo di Gesù, quel Vangelo che è tradizione degli apostoli, una tradizione alla quale è legata la certezza della verità, che ci permetterà di sentire in noi lo stato di carità.
Al Signore rivolgiamo la nostra invocazione dicendo :
Rafforza in noi , Signore, la fede in Te:
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Rafforza in noi, Signore, la fede in Te:
Paolo continua ed indica ai Corinti la via, che deve essere percorsa per raggiungere invece la vera pienezza della fede, la via che è la carità. E’ evidente che Paolo definisce la carità come uno stato da raggiungere, il raggiungimento della comunione con Dio, che si ottiene solo con l’obbedienza al Vangelo di Gesù. Questo stato è caratterizzato dalla presenza dello Spirito Santo, che opera in noi. Perciò quello a cui i cristiani devono tendere è lo stato di carità. In questo modo Paolo richiama i Corinti a porre come prima loro preoccupazione il raggiungimento di questo stato di comunione con Dio attraverso la totale adesione al Vangelo di Gesù. La carità dunque è l’obiettivo da raggiungere anche per noi, sulla via del Vangelo. Anche noi vogliamo avere questo stato di carità e perciò ancora chiediamo:
Rafforza in noi , Signore, la fede in Te.
I carismi, anche se sono doni dello Spirito, saranno usati in modo saggio, solo se chi li possiede ha in sé lo stato di carità, altrimenti vengono usati non con l’intento dello Spirito che li ha donati, per servire alla costruzione della comunità, ma saranno usati per l’orgoglio di chi li possiede.
Infatti Paolo presenta proprio questo ai Corinti: Tutti i carismi, senza la carità, saranno nullificati e anche chi li possiede non è certamente gradito a Dio. E’ la carità che garantisce l’uso dei carismi fatto secondo il volere di Dio, perché la carità è lo stato di chi ha in sé lo Spirito di Dio. Ancora chiediamo al Signore che tutto quello che siamo e che facciamo, possiamo trarlo dallo stato di carità che è dentro di noi sostenuti dallo Spirito di Gesù.
Per questo ancora diciamo
Rafforza in noi , Signore, la fede in Te.
Padre santo, tu richiami sempre i tuoi figli con la forza dell’amore, spezza le durezze del nostro orgoglio, forma in noi un cuore nuovo, capace di ascoltare e di accogliere la Tua Parola che ci hai dato nel Cristo, Tuo Figlio, che è Dio e vive e regna nei secoli dei secoli
Amen