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Per credere, abbiamo bisogno di vedere !
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1° parte
" Sono disperato, perché tutte le volte che racconto la mia situazione mi sento solo rispondere : ‘ deve avere più fede…deve credere’ ! Sì, lo so che devo credere, lo so che la fede è forza, ma non trovo nessuno che me lo dimostri…sento che tutte le volte che vorrei sentire la forza della parola di fede, trovo solo parole molto vaghe : Coraggio! Non si deve disperare ! La nostra fede ci dice che dobbiamo credere senza vedere, ma sappiamo che il Signore non ci abbandona! Oggi è un altro giorno disperato per me ! devo continuare a credere senza vedere ? " ( Andrea – 28 anni ).
E’ una situazione non facile da risolvere, ma che interpella ovviamente chi deve dare una risposta che non sia "la solita". E’ vero che noi dobbiamo credere senza vedere ? E se è vero che cosa non dobbiamo vedere ?
Credo che questa formula con la quale risolviamo le situazioni che ci mettono in difficoltà nel momento in cui dobbiamo pronunciare una parola che "alimenti la fede", sia nata dalla lettura del testo del Vangelo di S.Giovanni, nel momento in cui Gesù Risorto dice appunto a Tommaso: " Beati coloro che crederanno senza aver veduto".
Coloro che crederanno senza aver veduto che cosa ?
E’ chiaro che Gesù sta parlando di sé. Senza averlo veduto Risorto quindi; come avrebbe dovuto aver fatto Tommaso quando gli altri gli avevano detto: " Abbiamo visto il Signore!".
Tommaso ha chiesto di vedere coi propri occhi e di toccare con le proprie mani, perché non si è fidato dei suoi compagni, degli altri apostoli.
La parola di Gesù, con la quale rimprovera Tommaso, che non ha saputo credere senza vedere è nello stesso tempo l’invito a credere ai suoi, alla Chiesa, come luogo in cui la fede trova alimento. La Chiesa di Gesù è posta nel mondo perché "faccia vedere" che l’opera del Risorto continua. Gesù aveva posto questo come meta ai suoi discepoli : " Non può restare nascosta una città posta sul monte..così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedendo le vostre opere buone glorifichino il Padre vostro che è nei cieli".
La fede voluta dal Risorto allora è :
il credere in Lui, pur senza averlo visto ;
credere nella sua Chiesa ,che Egli ha lasciata, perché gli uomini vedano.
Ma che cosa deve fare vedere la sua Chiesa ?
Secondo Gesù i suoi discepoli devono riuscire a far sentire e a far toccare agli uomini la sua presenza. Come ? Gesù ha affermato a Pietro : " Su questa pietra edificherò la mia Chiesa " In questa affermazione è chiaro che Gesù vuole dire che la Chiesa è Sua nel senso che è Lui il costruttore ed è Lui che decide il modo col quale i suoi discepoli potranno far risentire la sua presenza agli uomini.
Come faranno allora i discepoli a renderlo di nuovo presente ?
Gesù decide alcuni luoghi, che i discepoli dovranno rispettare e proclamare come certezza della sua presenza:
La vita dei discepoli.
La parola dei discepoli
Lo spezzare il pane
La guarigione di indemoniati e malati
La Comunione di quelli che vengono alla fede, sulla parola dei discepoli.
E’ chiaro che allora i discepoli ( in questo caso quelli che hanno ricevuto l’ordinazione sacerdotale) sono quelli che " devono mostrare" i luoghi della presenza di Gesù perché venga alimentata la fede dei credenti.
2° parte
1. Con la vita : la nostra vita di sacerdoti deve essere un luogo in cui chi lo cerca sinceramente può incontrare il risorto. Ma allora la nostra vita come deve essere?
Il Maestro è molto chiaro: dovete dare prova con la vostra vita che il Padre che è nei cieli è il vostro unico sostegno; perciò non preoccupatevi di ciò che mangerete, berrete, vestirete, del vostro domani… il Padre sa già di che cosa avete bisogno prima ancora che glielo chiediate.E Lui il Maestro vive così: " il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo…" inteso sulla terra, perchè l’unico posto per posare il capo è Dio, il Padre.
La vita dei discepoli non deve avere compromessi con le forze terrene, perché " non potete servire Dio e Mammona". Cercare di adagiarsi nelle sicurezze terrene è tradire il Signore.
La vita dei discepoli deve essere impegnata solo nel cercare il Regno di Dio, e il Regno è Lui, il Risorto. Questo comporta un modo diverso di vivere il nostro rapporto con l’umanità. Scadendo questo primo luogo è già rotto il ponte col quale il maestro vuole ancora farsi conoscere. La nostra vita deve essere la testimonianza che le parole del Maestro sono proprio vere e servono a vivere sulla terra come Dio desidera.
Assicurarsi dal punto di vista delle sicurezze terrene per meglio annunciare il vangelo è menzogna che non trasmetterà mai il Signore.
Quando Gesù invia i suoi discepoli consegna loro il corredo : " Non procuratevi né oro né argento, né monete di rame, né due tuniche….". Significa che il discepolo non può perdersi nelle cose che servono al vivere terreno, perché quelle le provvede Lui.
" l’operaio ha diritto alla sua ricompensa" conclude Gesù.
La vita del discepolo è un luogo di incontro del Risorto obbligatorio : " Chi ascolta voi, ascolta me ! – Tutto ciò che legherete sulla terra sarà legato in cielo e tutto ciò che scioglierete sulla terra sarà sciolto anche nei cieli"
2. Con la parola: il discepolo, vivendo in totale abbandono, ha in sé una parola autorevole. L’autorevolezza della parola non è data dalla capacità del "sensazionale", del creare " spettacolo", nel colpire gli ascoltatori; nel riuscire a trovare il modo per colpire quegli equilibri psicologici o razionali che costringono l’uomo ad ascoltare e a prenderti in considerazione….no! è menzogna! Non trasmetterà mai la parola del Signore !
Gesù ha detto ai suoi discepoli : " Davanti al tribunale degli uomini, il Padre mio vi suggerirà che cosa dovrete dire " e l’Apostolo Paolo afferma: " .. la mia parola non si basa su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla manifestazione dello Spirito e della sua sua potenza, perché la vostra fede sia fondata sulla potenza di Dio."
La parola autorevole è quella che risponde al cuore di chi ascolta e cerca il Signore.
La parola autorevole non è costruita, ma deve uscire semplicemente da chi vive abbandonato in Dio. L’autorevolezza non si misura con la posizione che si occupa, col ruolo che si ha, ma con lo Spirito che agisce liberamente in noi.
Quante volte in questo, noi discepoli del Signore, manchiamo ! Quante volte la nostra parola è solo frutto di una ricerca di compromesso per non smuovere equilibri che potrebbero rovinare le nostre sicurezze terrene o mettere in forse i nostri ruoli coi quali
intendiamo avere la nostra autorità ( non quella del Maestro) !
E’ troppo facile parlare di annuncio del Vangelo come spiegazione di una lezione, sia pur una lezione di vita! Annunciare il vangelo significa dire parole che portano in se stesse l’autorevolezza dello Spirito Santo !
Ecco perché le parole diventano le solite ammonizioni "devote" , di routine, di circostanza…che però non accendono il cuore, perché è solo roba nostra! Anche il mondo fa così: parla parole senza spirito. Parole grosse, ricercate, provocanti, stimolanti, consolatorie….ma senza autorevolezza. Il gioco del mondo è nella sfera della mente e dei sentimenti, la parola del discepolo deve raggiungere lo spirito dell’uomo!
Per poter conservare l’autorevolezza della parola i discepoli dovrebbero parlare meno le parole del mondo, per non essere da meno, Gesù aveva detto ai suoi. " Per strada non salutate nessuno…"; è un invito a non indugiare sulle parole degli uomini, parole senza spirito.
L’annuncio della Parola del Signore non ha bisogno di uno schema per essere "meglio proclamato", ma S.Paolo, ai Corinti, arriva a dire che "…persino i termini da usare nell’annuncio sono indicati dallo Spirito", e non da sapienza umana.
3. Con lo spezzare del pane: i discepoli devono continuare il gesto di Gesù, quello che anche per noi è l’Eucaristia.
Quante belle parole si dicono oggi da parte nostra sull’Eucaristia !
Le diciamo anche con altisonanza : l’Eucaristia è il centro dell’evangelizzazione! E’ il centro della vita della Chiesa !
Ma all’atto pratico l’Eucaristia è già stata messa nello schema che abbiamo voluto noi !
L’abbiamo relegato in questo termine: Eucaristia. Un termine bellissimo…ma…cosificato!
E’ una cosa ! E’ una verità ! E’ una presenza ! E’ un bel dono di Dio! E avanti….
Ma francamente abbiamo paura a dire che quel pane non è una cosa, ma è Gesù, vivo in mezzo a noi !
E’ ovvio che questo non ci permette di stare all’altezza del linguaggio degli uomini, perché in effetti ci vergogniamo a dire che lì c’è Gesù ! Per stare all’altezza degli uomini dobbiamo avvolgere tutto in linguaggio ricercato, scientifico, capace di essere compreso dalle categorie logico linguistiche, filosofiche di oggi e così si perde la forza della semplicità con la quale il Maestro ci dice " Io sono lì " , " Lì mi trovate di certo" .
Per noi questo significa esporci a valutazioni poco favorevoli di semplicismo, di ingenuità, di sprovvedutezza…..ma già era successo al Maestro stesso: i Giudei se ne erano andati, con la scusa che questo era discorso difficile; Gesù stava parlando della sua carne e del suo sangue.
Oppure se lo diciamo, è perché dobbiamo affermare una verità teologica, ma non ne siamo convinti, perché allora lo dovremmo indicare regolarmente alla gente come l’incontro con Lui, che non si vede, ma che ha lasciato il segno della sua certa presenza in mezzo a noi.
Per noi è un atto di umiltà troppo grosso, perché ci va del nostro saper attirare le persone e diventare noi " i salvatori"…..
Preferiamo passare noi come consolatori dei cuori, come direttori della fede degli altri, ma ci costa dire che lì c’è Lui, Lui, il Risorto, Colui che invita ogni stanco e ogni oppresso ad accogliere il suo sollievo.
Il discepolo deve sapere indicare la presenza del Risorto, ma non dove ha deciso di porla lui, deve dire dove Gesù ha promesso di rimanere per sempre. Quello che Paolo chiama la tradizione, " che anch’io ho ricevuto: che cioè Gesù nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse : ‘ Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me….."
Non ci vanno tanti accorgimenti per proclamare la presenza del Risorto nell’Eucaristia ci va solo il coraggio di una semplicità disarmante che crede con convinzione: noi preti dobbiamo essere quelli che hanno questa semplicità convinta, secondo la fiducia che il Maestro ci ha dato " Fate questo in memoria di me…"
4° parte
4. Con i segni della guarigione dal diavolo e dalle malattie : i discepoli del Signore lo hanno ricevuto come compito della loro missione: cacciate i demoni, guarite i malati.
Su questo argomento pare si sia chiuso il sipario !
E’ persino diventato pericoloso dire che Gesù guarisce i malati, scaccia i demoni !
Continuiamo ad avvolgere anche questo nei nostri trattati e spieghiamo queste cose richiamando la prudenza, perché potrebbero essere motivo di esaltazioni ecc…
O Signore, noi tuoi preti ci siamo scoperti più esperti di Te di questo mondo per questo ti preghiamo di essere prudente, di non esporti…!
Così il Signore che cosa ancora può dire ai malati, agli indemoniati, se i suoi discepoli hanno chiuso le porte ? " Tutto ciò che legherete sulla terra sarà legato anche in cielo…". Questo è il potere di noi sacerdoti, ma è anche la nostra responsabilità !
Quanta disperazione nell’umanità a causa delle malattie ! a causa della disperazione, della depressione di tutte queste forme che imbruttiscono la vita dell’uomo !
Quanti investimenti per far fronte alle ricerche scientifiche !
Ma allora la parola del Maestro, il potere che Egli ha lasciato alla sua Chiesa non conta più ? Era solo limitato nel tempo?
Gesù non sei più capace di guarire ? No, dice Gesù, perché i miei discepoli non mi lasciano più agire. Avviene la stessa cosa che già era avvenuta a Nazareth: " Perché non compi anche qui i tuoi miracoli ? " . Sappiamo cosa risponde Gesù : " Perché non trovo la fede ". Quella fede semplice, popolare di quella donna ammalata di emorragie, che aveva speso i suoi soldi in tanti medici e non aveva ottenuto nulla, ma che decide di toccare almeno il lembo del mantello di Gesù, perché era sicura di guarire…lo tocca e guarisce.
Gesù presente nell’ Eucaristia è lì per ripetere le sue opere, le sue guarigioni.
Il legame tra Gesù presente nel pane eucaristico e la salute delle persone è ben sottolineato anche da S.Paolo nella lettera ai Corinti " Chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la sua condanna. E’ per questo che tra voi ci sono molti malati e infermi e un buon numero sono morti ".
Il discepolo deve orientare a Gesù vivo annunciando che in Lui è ogni guarigione !
Ma anche questo non ci garba tanto, perché facciamo la figura degli sprovveduti davanti alla complicazione delle malattie e ci sembra di essere non più considerati da un tessuto sociale che ormai confida nei progressi della scienza. Poveri discepoli siamo, abbiamo paura a dire che il nostro Maestro continua a guarire, se ci presentiamo a Lui con la fede di chi è stato guarito, come ci annuncia il Vangelo.
E gli uomini cosa fanno?
Continuano ad aver bisogno delle guarigioni,
e dove vanno ?
cercano guaritori, maghi, operatori dell’occulto.
Peggio per loro sentenziamo noi discepoli. Noi lo diciamo di non andare !
Già, ma il dire di non andare non guarisce !
E continuiamo a stare tranquilli nel nostro dovere e gli uomini cercano guarigione!
A noi discepoli è chiesto di intervenire, perché Gesù vuole intervenire, la sua attività è stata di guarigione, ai suoi discepoli ha detto di guarire i malati !
Certo che questo non è il risultato di un esame abilitante che noi preti dobbiamo fare per vedere se siamo in grado di guarire, ma questo è solo un’azione di Gesù. Pietro risponderà della guarigione dello storpio : " Nel nome di Gesù Cristo il Nazareno, che voi avete crocifisso e che Dio ha risuscitato dai morti, costui vi sta innanzi sano e salvo". Non siamo noi i guaritori, ma noi abbiamo il potere di permettere a Gesù di guarire e il potere di proibirglielo. A parte che anche per l’Eucaristia ci stiamo comportando alla stessa maniera… è sui nostri programmi che decidiamo la celebrazione dell’Eucaristia, non sul fatto che la gente ha bisogno di incontrare Gesù vivo. Anche qui esercitiamo il nostro potere di legare la presenza di Gesù", ovviamente con ampie giustificazioni.
E’ evidente che questo è l’annuncio che dovrà essere raccolto da chi crede.
Non è da interpretarsi come un magico evento, o come una sorta di miracolismo, ma è arrivare a capire che se noi crediamo che Gesù vivo è in mezzo a noi è cosa normale che egli guarisce e scaccia i demoni. Diventa straordinarietà nel contesto di una cultura che vive come se Gesù sia solo un ricordo e una presenza passiva, là, come in un museo, perché la vita la costruiamo noi, ci dobbiamo arrangiare.
5. Con la comunione di coloro che vengono alla fede.
Se davvero Gesù ritorna ad essere annunciato con l’autorevolezza di questi strumenti appena descritti, Gesù continuerà a costruire la sua Comunità, la sua Chiesa.
Quel luogo in cui sarà possibile offrire al mondo il segno distintivo di coloro che hanno creduto all’ unico Signore, sono stati battezzati in un solo Spirito: " Amatevi gli uni gli altri".
Gesù formerà di nuovo la Comunità dei credenti in cui Egli continua ad operare con segni e miracoli, come all’inizio della predicazione del Vangelo.
Allora non ci saranno più i bisognosi, perché ciascuno condividerà con chi ha di meno e tutti godranno di una grande pace.
Una comunità che vive ed è sostenuta ancora e sempre:
dalla parola autorevole dei discepoli
dallo spezzare del pane
dai prodigi e miracoli, fatti dai discepoli, coi quali Gesù accompagna la loro predicazione.
Un Chiesa, Comunità di credenti dunque, battezzati nell’unico battesimo, nel nome dell’unico Signore, il quale anche attraverso di loro continuerà a compiere le sue opere; cosicché si realizzeranno le promesse del Signore: " Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demoni… imporranno le mani ai malati e questi guariranno".
Caro Andrea, questo anno giubilare dovrebbe essere ancora un occasione data alla Chiesa, perché ritorni a provare il gusto, la festa, lo slancio di proclamare con segni tangibili la presenza di Gesù; non segni qualunquistici, presi dalle tradizioni degli uomini; non segni inventati dalla religiosità degli uomini, ma quei segni che Gesù stesso ha consacrato per sempre come i segni della sua salvezza, della sua presenza, perché gli uomini vedano fino alla fine del mondo le meravigliose opere della sua potenza.
Allora anche tu " potrai vedere e credere " e sicuramente troverai la risposta alla tua situazione, perché qualunque cosa " chiederete al Padre mio nel mio nome, Egli ve la concederà". Questo Giubileo, tu lo sai, è infatti la proclamazione che la Chiesa fa di un anno di grazia, l’anno del cieco che riacquista la vista, del prigioniero che ottiene liberazione, dell’afflitto che ottiene la consolazione, così come aveva detto il Maestro:
" Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi e io vi ristorerò "
Rovagnati don Carlo Maria
Mosso, 02.02.2000